Mons. Padovese, Vicario apostolico dell'Anatolia, ha versato il suo sangue nel giorno del "Corpus Domini" nel sud della Turchia.



Nel giorno del Corpus Domini, il corpo di Cristo ha versato altro sangue. Sangue innocente, sangue sacerdotale.
Sangue che bagna l’ipocrisia di chi preferisce tacere del presente per rivangare il passato.
O che tace un passato di morti cristiane (gli armeni) o un presente di vessazioni islamiche (i curdi) per portare a casa il risultato, economico, militare, religioso…
Sangue che lava il peccato di altri sacerdoti risultati di scandalo.
Sangue coraggioso, in un mondo di codardi, forti coi deboli e deboli coi forti.
Un mondo che ama creare nemici, per campare sui costi delle contrapposizioni, con le loro rendite di posizione, a danno dei rispettivi popoli, tutti quanti.
C’è chi farà passare questo omicidio per la follia di un singolo (prima stranezza: un uomo non estraneo, lungamente al fianco del vescovo morto), e c’è chi lo farà passare come argomento per screditare un popolo intero: probabilmente la verità piena sul fatto in se stesso non la sapremo mai. Troppi interessi sanno come portare a guardare da una parte per non essere costretti a vedere cosa c’è dall’altra…
Le circostanze sono inquietanti.
Alla vigilia di un viaggio papale a Cipro.
Alla vigilia di un Sinodo sul Medio oriente.
Nel contesto di quello che è capitato ad una nave turca.
Nel giorno in cui la Santa Sede chiede di togliere il blocco a Gaza.
Nella settimana aperta da recrudescenze nella polemica sulla pedofilia.
Nel momento in cui la Turchia (che è nella Nato, vorrebbe entrare in Europa e stipula accordi con l’Iran) sente sinistri scricchiolii in casa propria a proposito della leadership di Erdogan, evidentemente scomoda.
Mons. Luigi Padovese, con raffinate ragioni, non banali ed assai realistiche, per il bene comune e per amore del suo piccolo gregge (30000 cristiani cattolici su 70 milioni di turchi, quando un secolo fa erano il 25% della popolazione, allora di 10 milioni di anime) era un fautore della Turchia in Europa, anche a beneficio della sua esigua minoranza.
Mons. Luigi Padovese visse con equilibrio e saggezza il martirio di don Santoro, altro episodio oscuro e doloroso di una terra oggi ostile ai cristiani, tanto ostile quanto fu fertile di santità all’inizio del cristianesimo.
La Turchia ha incrociato la vita ecclesiale anche con la nebulosa e sospetta figura di Alì Agca, in un contesto, quello turco, dove amici, nemici, amici degli amici e nemici dei nemici, si intrecciano pericolosamente e con modalità e giochi ben più sottotraccia delle pessime semplificazioni della nostra stampa addomesticata.
Piangiamo un vescovo morto; il sangue dei martire genera sempre la fede. Il seme che muore è quello che rende il raccolto fertile. Ma non inaridiamo il terreno azzerando la voglia di capire. Dissodiamolo, piuttosto, bagnandolo di lacrime, di sudore, persino di sangue, ma disinquinandolo dall’ipocrisia e dalle falsità.
Che possono venire dal fondamentalismo islamico, come dal partito dei nipotini di Ataturk, coi rispettivi sponsor.
Che Mons. Padovese, che amava Cristo quanto ha poi voluto bene ai turchi, dal paradiso interceda per tutti noi. Perchè in Turchia è in corso un gioco che ci coinvolge tutti. E perchè tutti dobbiamo vigilare, specie sulle semplificazioni. E’ tutto molto più complesso. Diabolicamente. Ma alla fine il bene prevale. Questo ulteriore tributo di sangue innocente, di sangue martire, si ritorcerà contro il Falsario, quello di sempre.
Pubblicato da mic a 11:18 PM

Nessun commento:

Posta un commento